lunedì 24 febbraio 2014

AUDIO BINAURALE (PARTE SECONDA)

Nella prima parte abbiamo parlato di cuffie, lo strumento principale per l'ascolto.
Vediamo ora più da vicino la tecnica di ripresa audio binaurale, ovvero quel particolare tipo di registrazione effettuata per mezzo di una testa di manichino.
Perché usare una testa artificiale?
La risposta risiede nel maggiore realismo ottenibile rispetto alla normale registrazione stereofonica.
Per comprendere la corrente di pensiero che accompagna questo singolare approccio, facciamo un passo indietro e cerchiamo di capire un po' meglio come funzionano le nostre orecchie.
Facciamo un esempio. Se gettiamo un sasso in uno stagno esso creerà delle increspature sull'acqua: onde concentriche che si propagano dal punto d'impatto.
In modo molto simile una sorgente sonora genera onde di pressione nell'aria, invisibili ad occhio nudo, ma ben rilevabili dal nostro orecchio.
Queste "increspature" nell'aria prendono il nome di onde sonore, che vengono convogliate dal padiglione auricolare verso il timpano.
Le nostre orecchie sono idealmente posizionate per dividere lo spazio circostante in due emisferi (emisfero destro ed emisfero sinistro) permettendo una percezione completa su tutti i fronti.
In altre parole la testa funziona fisicamente da "parete divisoria": l'orecchio destro riceverà direttamente solo le onde sonore provenienti dalla parte destra e viceversa.
Il cervello combina le informazioni risultanti e ci permette quindi di localizzare con precisione la fonte del suono.
Già a partire dal 1930 l'ingegnere inglese Alan Blumlein tentò di ricreare questa situazione artificialmente, registrando la sorgente sonora con con una coppia di microfoni ad alta sensibilità .
Lo svizzero Jürg Jecklin perfezionò questa idea, posizionando i microfoni ai lati di un disco di gomma ( chiamato disco Jecklin) per simulare in maniera approssimativa la testa umana.
I suoni registrati venivano in seguito inviati alle orecchie di un ascoltatore tramite un paio di cuffie, per ricreare una sensazione di spazialità finora inedita: era nata la tecnica binaurale.
In seguito ci si è resi conto che una forma del disco più simile a quella di una testa reale migliorava la sensazione di spazialità.
Inoltre lo sviluppo tecnologico ha introdotto microfoni molto sensibili abbastanza piccoli da poter essere inseriti all'interno di una testa artificiale.
Nella foto possiamo ammirare la testa KU 100 della Neumann, frutto di anni di ricerca in questo settore, considerata oggi un punto di riferimento per i fonici professionisti. Sempre più spesso questi dispositivi vengono impiegati nel mondo del cinema ed in quello videoludico per introdurre effetti reali e coinvolgenti.

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